mercoledì 3 dicembre 2008

Come ti amministro la scuola. Atto II.

Un’emergenza periodica: la sicurezza.

Il d. l. 137. Meno soldi più serietà?. A questa conclusione portava l’esame del nocciolo del decreto legge di riforma della scuola combinata con le affermazioni del responsabile del Ministero della pubblica istruzione “è tornata la serietà”. Il motivo della serietà degli studi d’altra parte era tornato in successive dichiarazioni: “basta con il sei politico” “basta con il diciotto politico”. Il sopravvivere di tale consuetudine e i collegamenti con il decreto erano alquanto oscuri. Per questi ed altri motivi occorreva una lettura articolata a tutto campo ed una più matura riflessione...
Il tempo passa, scorre il calendario, trascorrono tre settimane da quelle prime riflessioni in libertà sulla nuova scuola riformata. Il decreto-legge 137 è stato convertito da un mese (l. 169 del 30 ottobre). La riflessione articolata tarda a concretarsi. Mancano gli stimoli, forse prevale la noia. L’attenzione dei “media” va scemando. Prima o poi….

Arriva l’incidente: si scopre che le aule non sono sicure. Prima che poi, accade qualcosa che riporta la scuola in prima pagina. A Rivoli, nel progredito Piemonte, non nel profondo sud, è crollato il soffitto di un liceo scientifico, un ragazzo è morto, altri sono rimasti feriti. Commozione generale, sdegno, ricerca di responsabilità, accuse reciproche tra parti politiche, giustificazioni più o meno felici. Una domanda corre nelle famiglie: la scuola dei miei figli è sicura? Da parte governativa si sottolinea che proprio nella conversione in legge del decreto 137 tanto criticato sono stati introdotti provvedimenti per la sicurezza delle scuole (art. 7 bis).

La Protezione civile: metà delle scuole a rischio. Dagli organi responsabili della protezione civile e dal dibattito parlamentare si apprende: a) metà delle scuole italiane non sono a norma; b) una messa a norma comporterebbe un impegno finanziario enorme (4.000 miliardi?); c) anche a disporre di quella somma occorrerebbe un numero indefinito di anni per poterla spendere per via della burocrazia tant’è che solo ora si compiono gli interventi decisi dopo la strage di S. Giuliano del 2002 (l’unico edificio crollato per il terremoto è la scuola elementare); d) l’edilizia scolastica è competenza degli enti locali; e) si assume un impegno a provvedere con interventi adeguati, in aggiunta a quelli già attivati con il decreto legge 137.

L’emozione passa; i problemi restano. Nelle famiglie ci si continuerà a porre per qualche giorno la domanda angosciosa: cosa succede nella nostra scuola, quella dei nostri figli? È sicura o rischia di cadergli in testa? Passata l’emozione del momento il problema si riproporrà alla prossima occasione. Non per niente questo è il paese, oltre che del sole, dell’emergenza. La previsione è anche troppo facile e, ragionevolmente, sarebbe il caso di pensare ad altro. Ma l’anziano funzionario non ha molto a cui pensare e si attarda nei ricordi che, per quanto non aggiornati e carenti sul piano tecnico/giuridico, gli danno grosso modo un quadro di riferimento.

Gli interventi in corso (D.L. 137 – L. 169). Cominciamo dai provvedimenti per la per la messa in sicurezza introdotti con la conversione del decreto 137; non foss’altro perché ci consentono di seguire quel filo conduttore. Nel testo si richiama un intricato complesso di norme che vanno dal 1986 al 2007. Per elementari ragioni di igiene mentale, non ci addentreremo nel labirinto. Stiamo all’essenziale. Dalla prima norma di riferimento (l. 289/2002) si evince che si tratta di interventi diretti in particolare alla messa in sicurezza di edifici che insistono sul territorio delle zone soggette a rischio sismico. Nel merito, i provvedimenti dispongono per l’utilizzazione di somme comunque già stanziate e non utilizzate nel volgere degli anni. Ora, se è incontestabile la presenza del rischio sismico nel territorio nazionale, è altrettanto vero, purtroppo, che gli edifici scolastici non sono solo a rischio di terremoti ma, e anzitutto, in quotidiane situazioni di ordinaria carenza di sicurezza. Quanto all’impegno finanziario, non comporta, a norma vigente, alcuna integrazione. In effetti si dà la possibilità di riciclare somme che avrebbero già dovuto essere investite utilmente in sicurezza e che di fatto la tesoreria dello Stato ha finora risparmiato eludendo l’impegno assunto nei confronti dei cittadini a garantire, tra l’altro, a fronte delle tasse percepite, scuole sicure.

Gli intralci burocratici. Risorse e disponibilità. La colpa, secondo la denuncia del responsabile della protezione civile è degli intralci burocratici. Le cose, nei ricordi, certamente confusi, non stanno proprio così. Stabilito che la burocrazia è brutta e cattiva per definizione, sembra un po’ troppo facile attribuire ogni colpa ad un’entità, un Moloch di fatto irresponsabile. La burocrazia ha come limite proprio quello di seguire pedissequamente, e se vogliamo, ottusamente norme e procedure che non hanno origine autoreferenziale ma da un potere legislativo (Parlamento) o regolamentare (Governo) di cui l’apparato è l’esecutore. Da oltre un decennio esistono specifiche norme per la semplificazione delle procedure. Nell’attuale compagine governativa la materia è attribuita ad un Ministro. Non dovrebbe essere impossibile intervenire sulle procedure di spesa al fine di renderle più flessibili e adeguate alle necessità operative. Se ciò non è avvenuto non potrà per caso dipendere da un sistema di governo della finanza pubblica che tende a contenere surrettiziamente la spesa,, proprio attraverso quelle procedure così macchinose, in quanto incapace di controllare altrimenti i mille rivoli dei flussi di spesa?

La sicurezza nelle scuole. Il decreto 626/94. Un’attualità ultradecennale. Veniamo al nocciolo della questione, la messa a norma, o in sicurezza, sul piano dell’operatività ed alle responsabilità dei diversi soggetti interessati. È il caso di riordinare i ricordi. Premesso che l’obbligo di operare in condizioni di sicurezza negli edifici scolastici come nelle diverse attività era stato oggetto di varie normative di settore succedutesi nel tempo, il tema della sicurezza viene assunto in un contesto unitario con il decreto legislativo emanato in attuazione della direttiva europea sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, il d. lgv. 626 del 1994 poi integrato dal d. lgv. 242 del 1996. Il decreto, oltre a riprendere ed aggiornare le varie normative di settore, dà un assetto sistematico alla materia in particolare con l’introduzione di specifiche procedure e soggetti titolari di precise responsabilità. Le norme in particolare per quanto riguarda in primo luogo la sicurezza delle attività lavorative, fabbriche, cantieri, sono state di recente aggiornate (d. lgv. n. 81 del 9 aprile 2008 in base alla legge di delega 123 del 2007) per renderle più efficaci a fronte dei molteplici incidenti sul lavoro, non di rado mortali, le “morti bianche”. Anche per la scuola il decreto sulla sicurezza segna un punto di svolta. Con l’attuazione delle norme sulla sicurezza diventa infatti di attualità anche la messa a norma degli edifici scolastici. E’ il caso di ripassare i meccanismi e i passaggi attuativi
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Il sistema di prevenzione e protezione. È la struttura su cui poggia l’impianto di garanzia della sicurezza. Si articola su due elementi portanti: a) attribuzione delle responsabilità b) definizione delle procedure. Ai soggetti titolari delle diverse responsabilità fanno capo precisi obblighi con le relative sanzioni in caso di inadempienza. Primo responsabile è il datore di lavoro poi, ai vari livelli, le altre figure: il dirigente, il responsabile del servizio prevenzione e protezione, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il medico competente, etc.. Individuati i responsabili, si definiscono le procedure attraverso le quali rendere effettiva la sicurezza: elaborazione del documento dei fattori di rischio, eliminazione o contenimento dei medesimi, informazione e formazione dei lavoratori, fornitura ai medesimi dei presidi di protezione, organizzazione degli interventi antincendio e di primo soccorso, etc. Alla base delle misure di prevenzione dai rischi è la messa a norma delle strutture e degli impianti, cioè l’adeguamento dei medesimi ai livelli minimi previsti dalle norme vigenti per la salvaguardia della salute e della sicurezza delle persone.

La normativa sulla sicurezza nelle pubbliche amministrazioni. A chi tocca attuare le misure di sicurezza nelle pubbliche amministrazioni tra cui rientrano le scuole? In particolare a chi compete il ruolo del “datore di lavoro” in un complesso in cui il datore di lavoro è, in ultima analisi, lo Stato o, comunque l’ente pubblico e l’attribuzione e la disponibilità delle risorse non trova di norma un referente in una persona fisica? Nel caso delle scuole chi ne doveva rispondere? L’anziano funzionario “ricorda perfettamente” la sensazione di panico e di rifiuto che si diffuse nelle pubbliche amministrazioni all’approssimarsi della scadenza per l’entrata in vigore nei tempi previsti dalle stesse norme. Le riunioni ai vari livelli si succedono; i ricordi si accavallano. Si impone una sintesi La prima misura, classica, fu un rinvio determinato con decreto. Lo stato di necessità ed urgenza erano evidenti. Il rinvio per decreto fu reiterato più volte.. la soluzione giunse nel 1996 con le integrazioni apportate dal decreto n. 242. In quella sede fu stabilito che nelle pubbliche amministrazioni la figura del datore di lavoro si individua nel dirigente o nel funzionario cui spettano i poteri di gestione. Nelle istituzioni scolastiche la figura del datore di lavoro ai fini di cui sopra è identificata nel capo di istituto (ora dirigente scolastico). cui viene formalmente attribuita dal decreto ministeriale 292 del 21 giugno. Nel quadro normativo del d. lgv. 242 definiscono, in particolare, all’art. 4, c. 12, obblighi e responsabilità in materia di sicurezza di locali ed edifici.

“Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico”.

Per completezza di informazione, si ricorda che il d. lgv. 242 stabilisce inoltre che siano equiparati ai lavoratori anche gli allievi degli istituti in cui si faccia uso di laboratori, macchine e strumenti di lavoro in genere. All’art. 1 si prevede, infine, un regolamento attuativo che tenga conto delle particolari esigenze delle istituzioni scolastiche. Il regolamento fu emanato con d.m. 382 del 1998. E’ in corso l’adeguamento alle recenti norme in tema di sicurezza della legge 81 del 2008 di cui si è già detto.
Ma torniamo al tema principale. Chi garantisce la sicurezza nelle scuole? Come? Con quali mezzi e strumenti?

Gli adempimenti delle amministrazioni locali. Da un differimento all’atro. La norma, come si è visto, parla chiaro. La messa in sicurezza di locali ed edifici, e le relative responsabilità, ricadono sul datore di lavoro. Nelle istituzioni scolastiche il datore di lavoro – dirigente scolastico, che non dispone degli strumenti e delle risorse per provvedere direttamente, assolve tali obblighi con la richiesta di adempimento all’amministrazione competente per legge alla fornitura e manutenzione dei locali. Le competenze sulla fornitura e la manutenzione degli edifici scolastici fanno istituzionalmente carico agli enti locali. La legge 23 del 1996 ha definito le rispettive competenze: ai comuni la scuola primaria e media di primo grado, alle province; quelle sulla secondaria superiore. Si configura quindi in buona sostanza, un passaggio dell’onere del datore di lavoro, che dovrebbe intendersi personale, all’ente locale senza peraltro che a ciò consegua un passaggio di dirette responsabilità e, meno che mai, delle relative sanzioni. Ad ogni buon conto, a partire dai primi anni di attuazione delle norme sulla sicurezza, il Parlamento ha provveduto, con successivi provvedimenti legislativi, a differire le scadenze per la messa a norma degli edifici scolastici, come puntualmente è stato di recente sottolineato dal responsabile della protezione civile. È anche comprensibile la solidarietà tra i vari soggetti politici a livello nazionale e locale. D’altro canto, e pur senza indulgere ad un qualunquismo di maniera, appare evidente che la materia non è ai primi posti nella scala di priorità degli enti locali, forse perché non lo è neppure per la maggioranza dei cittadini, salvo quando si verificano eventi traumatici. Non si può, per altro verso ignorare che l’operazione nel suo complesso richiederebbe l’impegno di risorse realisticamente non ipotizzabili, meno che mai nell’attuale situazione economica. La macrodimensione del problema è spesso un argomento utile a rinviare anche il poco che sarebbe possibile, giorno per giorno, anno per anno.

Il ruolo delle istituzioni. Sarebbe improprio e presuntuoso pretendere di dare conclusioni per cui il vostro corrispondente non dispone né di elementi né di capacità. Qualche breve cenno finale. Le competenze in materia di edilizia scolastica sono state trasferite alle Regioni fin dalle prime norme di decentramento istituzionale degli anni ’70. Il ruolo dell’amministrazione centrale, presso la quale è stato costituito dal 1996 un osservatorio per l’edilizia scolastica con compiti di promozione, indirizzo e coordinamento, si concreta nella predisposizione dei programmi di finanziamento su somme rese disponibili dalle successive leggi finanziarie e nella loro ripartizione con decreti ministeriali. Interventi per l’edilizia scolastica compaiono tra quelli annunciati nelle ultime misure a sostegno dell’economia. I problemi sembrano quelli dell’entità delle risorse, sempre modeste, della capacità operativa di spesa con strumenti ordinari e non solo con commissari per un’emergenza orami istituzionale, alla consistenza delle opere, quando si fanno, di relativa affidabilità in un regime di appalti al massimo ribasso. Chi ci indica una prospettiva?


Prossimamente: basta con il 6 (o il 18) politico! Chi l’ha visto?

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