Un’alternativa ai tagli tout court.
Leggendo si impara (e si corregge). Il Capo non legge il giornale in ufficio; il Capo si aggiorna. Era la prima massima del “decalogo del Capo” che compariva sulla parete di certi polverosi uffici ministeriali dei tempi andati. È ancora così? Chissà. Comunque, è sempre vero. Anche quando il giornale non poggia più sulla scrivania ma sul tavolino del bar degli anziani che nei giorni piovosi sostituisce la panchina del giardino pubblico. Leggere il giornale è sempre un aggiornamento. Utile, anzi necessario. Si colmano vuoti di memoria e si correggono affermazioni fuori della realtà. Di recente si è attribuita al responsabile della protezione civile la stima di 4.000 miliardi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici...
Si tratta di una clamorosa defaillance: si tratta, infatti, di soli 13 miliardi, una cifra enorme ma di dimensioni terrene e non da fantascienza. L’errore può spiegarsi solo con un “ritorno al passato”, dall’età dell’euro all’età della lira. L’informazione corretta sulla cifra stimata viene dal dossier “Troppe scuole, pochi studenti ecco gli sprechi dell’istruzione” a fima di Massimo Bordignon e Alessandro Fontana pubblicato su “Repubblica” del 5 dicembre, nelle pagine dell’economia. Il testo integrale è su: www. La voce. info.
Il prof. Bordignon è professore straordinario di scienza delle finanze presso l’Università Cattolica di Milano e componente della Commissione tecnica spesa pubblica. La lettura è istruttiva per la novità dell’impostazione finanziario/organizzativa e sollecita qualche riflessione.
Gli sprechi: ridotti e reinvestiti. “A scuola d’investimenti”. L’articolo si fa apprezzare fin dal titolo. L’obiettivo è imparare ad investire. Si percepisce un’inversione logica rispetto a una linea in cui l’obiettivo è “tagliare” mentre “investire” è una subordinata eventuale. Questo è il punto: l’uso razionale delle risorse. Ed ecco la proposta in sintesi.
“Per l'edilizia scolastica, e più in generale per l'istruzione, risorse scarse e mal distribuite. Ma dove trovare i soldi per gli investimenti? Le scuole italiane sono in cattivo stato anche perché sono troppe. Si potrebbe cominciare a chiudere i plessi inefficienti. Non con le imposizioni, ma attraverso una più corretta gestione dei rapporti finanziari tra livelli di governo. Parte dei risparmi dovrebbe rimanere all'ente locale per essere reinvestiti nel settore scuola. Necessaria una mappa efficiente dell'organizzazione del servizio scolastico sul territorio”.
Sempre più interessante. Il testo che segue approfondisce il tema, facendo perno sulla eccessiva polverizzazione delle scuole, da cui deriverebbe anche una eccedenza di docenti, e su una ipotesi di una nuova razionalizzazione condivisa in quanto comporti una ripartizione equilibrata tra i vari livelli, ministero, regioni ed enti locali, di oneri e vantaggi: se il livello locale vuole mantenere un numero di istituzioni superiore agli standard se ne accolla gli oneri eccedenti; una quota di quanto risparmiato con la riduzione degli insediamenti rientra al livello locale per essere destinata alle scuole. Si avrebbe così una più equilibrata ripartizione cost/benefit: lo Stato guadagna in efficienza, l’ente locale incrementa le disponibilità finanziarie destinate alle scuole, queste ultime acquistano in sicurezza.
Potrebbe essere un buon punto di partenza per una razionalizzazione della rete scolastica funzionale e condivisa, dopo tante “razionalizzazioni” meccanicistiche, imposte e non di rado nella sostanza inefficaci. L’impostazione appare innovativa muovendo da una base di conoscenze e considerazioni più volte ripetute, dibattute e, a onor del vero, anche contestate. Se ne raccomanda la lettura a chi fosse interessato.
Qualche spunto di riflessione. Una breve pausa per raccogliere idee. L’articolo sottolinea la necessità dell’anagrafe dell’edilizia scolastica prevista dalla legge n. 23 del 1996 per migliorare l’allocazione dei fondi e di cui non vi sarebbe traccia. Siamo sicuri che le cose stiano così? In effetti l’organigramma del Ministero prevede un apposito ufficio per l’edilizia scolastica. È una questione di risorse, di operatività, o altro? Si stima di condurre un’operazione complessa – predisposizione di una mappa efficiente dell’edilizia, individuazione delle scuole da chiudere – in meno di un anno. Se ne è valutata la fattibilità, in relazione alle strutture operative, centrali e periferiche, ed agli aspetti organizzativi? Qualsiasi iniziativa non può prescinderne sull’errata presunzione che “l’intendenza seguirà”. Il principio era senz’altro valido per Napoleone e De Gaulle. Non lo è sempre stato per la Pubblica Amministrazione di casa nostra.
Dovrebbe essere imminente l’emanazione del decreto di organizzazione del Ministero della pubblica istruzione (l’ennesimo negli ultimi anni) per adeguarlo alla nuova struttura del Governo. Si parla, anche, e con insistenza, di ulteriori ristrutturazioni. In qualsiasi ipotesi di lavoro il livello di flessibilità e di efficienza del modello organizzativo non può essere una variabile indipendente.
Ragionando di strutture operative torna in mente un aspetto, in apparenza secondario. Gli autori individuano nel distretto scolastico il riferimento istituzionale per l’integrazione o l’accorpamento tra plessi diversi. È bene tenere presente che il distretto è, in buona sostanza, una ripartizione territoriale senza effettiva capacità operativa, ben diversamente da come era stato inizialmente concepito, in analogia alle local authorities del sistema scolastico inglese. Sulla sussistenza si attende ormai da vari anni la riforma degli organi collegiali. Ma tra riflessioni e ricordi meglio non divagare…..
Last but not least. L’ipotesi di lavoro è assai interessante. C’è da sperare che venga valutata adeguatamente ai livelli decisionali. Resta il fatto che anche in questo caso la consistenza dei risparmi stimati deriva in massima parte dalla riduzione del personale, punto di arrivo della riduzione delle istituzioni scolastiche. È un aspetto che si inserisce a pieno titolo nel processo di razionalizzazione equilibrato. Qualche riflessione andrà pur fatta.
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