domenica 21 dicembre 2008

Come ti amministro la scuola. Cronachette dal giardino pubblico. Atto IV

Scuola e attualità. Si sfogliano i giornali, uno spoglio alla buona, raccattato dal tavolino del bar. A che punto è l’attualità della scuola? Stato di crisi, calo di attenzione, “conflitto dimenticato”? Da un giorno all’altro, da un giornale all’altro, lo scenario si scompone e ricompone variamente. Negli ultimi giorni sembra prevalere la comunicazione delle superiori autorità. Un messaggio rassicurante o una “marcia indietro”, dipende dal commentatore...

La riforma riveduta e spiegata al popolo. Il Ministro in persona interviene a chiarire i malintesi e la disinformazione che a suo dire hanno distorto, finora, la portata e i caratteri reali della riforma.
Per la Scuola Primaria applicazione a regime già dall’anno prossimo. Nessuna paura per il tempo pieno che, anzi, potrà essere rafforzato recuperando risorse dal superamento del modulo. La decisione è comunque rimessa alle famiglie. Queste potranno scegliere tra diversi “pacchetti” dalle 24 ore settimanali al tempo pieno. Quello che dev’essere chiarito una volta per tutte è che il “modulo” (tre insegnanti su due classi) è morto e sepolto.
Per la secondaria i programmi sono stati ampiamente elaborati ma si è ritenuto opportuno approfondire alcuni temi per una migliore definizione. Si avrà in ogni caso una forte contrazione degli indirizzi, in particolare negli istituti tecnici e professionali, e una riorganizzazione dei licei.
È una “marcia indietro”? Una “saggia apertura” al dialogo? Una risposta alle strumentalizzazioni? Sarebbe importante che si cominciasse comunque a ragionare, commenta il lettore, soprattutto senza pregiudizi. Di fatto la riforma della Primaria, sembra di capire, si concreta nell’abolizione del modulo. Fermo restando il “maestro prevalente”, ci saranno più ore di Inglese. Tutto qui? Sembra però anche di ricordare che il decreto di riforma si rifacesse agli obiettivi di contenimento della spesa presenti nel Documento di Programmazione Economica. Sembra anche di ricordare che tali obiettivi fossero specificati nel dettaglio anno per anno. Se l’articolazione è davvero rimessa alla scelta degli utenti, da dove verranno i risparmi? Restiamo in fiduciosa attesa.

La riforma della Scuola Secondaria. Per la scuola secondaria, in attesa degli approfondimenti, sembra comunque acquisita l’idea di una consistente riduzione del tempo scuola, in particolare per gli istituti tecnici e professionali. Il lettore distaccato e disincantato trova qualche difficoltà ad orientarsi tra aspetti tecnico-organizzativi, didattici e di curriculum, finanziari e puramente ideologici. In particolare, suona strana l’insistenza nel collegare i modesti risultati dei nostri studenti nei test comparativi internazionali e il tempo – eccessivo, pare – che gli studenti stessi trascorrono sui banchi. Come a dire, con un originale sillogismo: a) i ragazzi imparano poco e male; b) i ragazzi passano molto tempo a scuola; c) con meno tempo scuola impareranno di più e meglio (dalla play-station?) In conclusione, uno slogan quanto meno innovativo: meno scuola, più sapere. Inoltre, lascia pensare il fatto che i più colpiti dalla riduzione di ore siano gli studenti di istituti tecnici e professionali, sicuramente non i più portati allo studio indipendente e alla ricerca di strumenti alternativi di formazione (play station a parte).
Dai documenti che circolano, ad ogni modo, appare una tendenza alla razionalizzazione degli indirizzi sicuramente condivisibile. Bene anche la scelta di dedicare ulteriore tempo alla riflessione e, si spera, al confronto con tutte le parti in causa. Più concretezza e meno ideologia? Anche meglio! Nessuna retromarcia? Benissimo, purché si ragioni senza paraocchi e paraventi (leggi: se il problema sono i soldi, diciamolo chiaramente).

L’Università tira. Un settore che continua a tirare nell’informazione è l’Università. “L’Italia degli atenei inutili”, a firma di Gian Antonio Stella per Il Corriere della Sera dell’11 Dicembre 2008, ci informa che nel nostro paese esistono “33 università senza nemmeno una matricola”. I dati riportati danno la dimensione della spesa e le possibili direttive di una riqualificazione delle (scarse) risorse.
Una proposta su come risparmiare? “Buttiamo la zavorra dei non professori” propone il prof. Giacomo Rizzolatti su La stampa - Tuttoscienze del 3 dicembre 2008. L’autore ripropone il problema annoso del dualismo didattica – ricerca. Un docente la cui attività non produca ricerca e si limiti ad una didattica più o meno svogliata o delegata è un “non professore”. Se, come è logico, tutti costoro venissero parificati (soprattutto economicamente) a professori di liceo, l’abbattimento dei costi sarebbe risolutivo. Come qualificare il livello della ricerca? Il nostro autore propone una classifica in base alla frequenza di citazioni nei principali motori di ricerca del web. Lo strumento potrà sembrare rozzo a certi palati raffinati. Sarebbe sicuramente più efficace di certe polverose raccolte cartacee (magari scaricate dal web) e, almeno, non autoreferenziale.
L’Italia degli “atenei inutili” 33 università senza nemmeno una matricola. il corriere della sera 11 dicembre 2008 Gian Antonio Stella

Dall’angolo del vin brulè, cordiali auguri di Buon Natale a Felice Anno Nuovo.

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