domenica 27 settembre 2009

Il pensierino del mese: scuola & precari

Prologo. Settembre fine estate inizio autunno. Anno scolastico appena iniziato. La stampa riscopre la scuola. Dalla bocciofila di Viale Trastevere si scorgono i fastigi del Ministero (Educazione Nazionale – si legge ancora nella vecchia iscrizione sverniciata alla buona – poi Pubblica Istruzione ora MIUR Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca). Il funzionario in pensione sfoglia pigramente il giornale; presente e passato si sovrappongono. I grandi temi: le remote stagioni della contestazione a cavallo tra anni ‘60 e ’70, i decreti delegati e gli organi collegiali del ’74, l’autonomia dell’ultimo decennio. Su tutto, la scuola da riformare che rimbalza da un governo all’altro…
E poi le cronache di settembre, i problemi di sempre: aule insufficienti e inadeguate, insegnanti che mancano, il ministro che assicura che “d’ora in poi il primo settembre tutti in cattedra”, i ricorrenti “provvedimenti urgenti per il regolare inizio dell’anno scolastico”, graduatorie da scorrere, precari in attesa. Ancora, inizia l’era delle razionalizzazioni e dei ridimensionamenti della rete scolastica, i costi da abbattere. Si va a tagliare. Guarda, guarda. È un tema sempre di attualità. Anzi, anno dopo anno si è imposto fino a diventare, da ultimo, il tema.
I tagli dell’anno. Meno occupati. Lo scorso anno ha dominato l’inizio dell’anno scolastico. Anche in questi giorni il tema è tornato puntualmente alla ribalta. Ma con una variante di non poco conto. Nella forma e nella sostanza. Ieri una generale sollevazione coinvolgeva tutta la scuola, docenti, studenti, genitori, nel rigetto dei drastici tagli annunciati dalle misure di finanza pubblica dell’agosto 2008 e concretatisi con le “disposizioni urgenti” del decreto del 1° settembre, definitive dal 31 ottobre (legge 30.10 08, n. 169). Le manifestazioni, intense e partecipate, erano seguite da una parte non trascurabile di opinione pubblica, organi di informazione, esponenti politici, nella sensazione di una scuola a rischio in quanto servizio pubblico. Oggi, lo choc è stato assorbito, si è esaurita la partecipazione, l’illusione di invertire una linea politica già decisa è rientrata. Il fatto compiuto è stato sostanzialmente accettato. Restano a dare visibilità alla protesta i precari, i soli esposti in prima persona al bisturi che incide nella carne viva, accomunati in questo alle centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso o rischiano in questi giorni il posto di lavoro. Non ci nascondiamo dietro un dito. La scuola è anche occupazione. Anche o prevalentemente? È un bel problema.
L’eredità del passato. Il Ministro ha le idee chiare. I governi di sinistra hanno utilizzato per lunghi anni la scuola in funzione di ammortizzatore sociale. Un uso improprio che ha prodotto un precariato abnorme e ingovernabile, costi gonfiati e un sistema inefficiente. Tutto ciò deve cessare. Sono indispensabili interventi chirurgici risolutivi. E, quindi, tirerà dritto. Per chi non riavrà il posto di lavoro si attiveranno ammortizzatori sociali di emergenza. Il precariato è l’eredità di una sinistra egualitaria e inefficiente da mettere definitivamente in soffitta. Si cambia passo.
Il passato ritorna. È il caso di riflettere. Da quando esiste il precariato? Che cosa lo ha prodotto? È stato veramente e solo il portato di un malinteso assistenzialismo o non anche di disfunzioni strutturali del sistema? Di chi le responsabilità?
Riordiniamo le idee. “Precario”. Quando la prima volta? I ricordi si perdono nella notte dei tempi. La guerra fredda, il muro di Berlino…., il “miracolo italiano”, gli anni ’60, il boom, il sorpasso con Vittorio Gassman…. Siamo invecchiati. Niente è più come allora. Possibile che solo i precari? Sembra proprio di sì.
Qualcosa emerge dalla memoria storica. Legge 463 del 1978. Piena era democristiana. Si legge nel titolo “…… misure per l’immissione in ruolo del personale precario nelle scuole materne, elementari, secondarie ed artistiche nonché nuove norme relative al reclutamento….”. Le nuove norme non sembrano però aver avuto effetti risolutivi se, a quattro anni di distanza, la legge 270 del 1982 stabilisce di “….adottare misure idonee ad evitare la formazione di precariato e sistemazione del personale precario esistente”.
Un primo punto. Agli inizi degli anni ’80 è considerato un elemento anomalo, ma ben consolidato nel sistema al punto che, a quattro anni dalle “nuove norme sul reclutamento” si richiedono misure idonee a…... Si potrebbe provare a risalire nel tempo e azzardare qualche ipotesi? Si potrebbe.
Da un rapido spoglio delle copiose normative si nota la periodica emanazione di provvedimenti che prevedono l’immissione in ruolo, di norma attraverso speciali graduatorie all’uopo compilate, di personale già in servizio per un determinato periodo di tempo. La legge 463 consente di abbozzare una scansione cronologica. L’art. 13, infatti, fa riferimento alle “graduatorie ad esaurimento” previste dalle leggi 29 marzo 1965, n. 336, 28 luglio 1966, n. 603, 28 marzo 1968, n. 359, 2 aprile 1968, n. 468 e 6 dicembre 1971, n. 1074”.
La presenza di personale precario in misura tale da indurre l’amministrazione ad una sistemazione dello stesso al di là delle procedure del concorso pubblico come disposto dallo stesso dettato costituzionale (art. 97 Cost.) rappresenta in realtà una costante del sistema scolastico italiano già negli anni ’60.
Un problemino. È un primo punto. Ci si pone, ora, un problemino.
Premesso che: 1) il precariato è un fenomeno endemico; 2) Per tutti gli anni ’60, ’70 e ’80 il Ministero della pubblica istruzione, salvo rarissime e brevissimi interruzioni è rimasto sempre e saldamente in mano ad esponenti della democrazia cristiana; 3) La sinistra è entrata nella “stanza dei bottoni” nel quinquennio 1996 – 2001 e, poi ancora nei 22 mesi dal 2006 al 2008; 4) Nel quinquennio 2001 – 2006 il Ministro apparteneva alla stessa parte politica dell’attuale titolare del Dicastero; si domanda: è possibile che la responsabilità tutta della sinistra? Ne siamo sicuri? Non sarà il caso di fermarsi un istante a riflettere?
Il sospetto che si tratti di un fatto strutturale non sembra campato per aria. Si potrebbe azzardare una modesta ipotesi di lavoro.
Il corso dei pensieri si interrompe. Le voci sul campo di bocce, quelli del tavolo di scopa…. Che fai sempre lì con il giornale in mano? Dai, facciamoci una birra, ma sì. Per oggi chiudiamola lì.
Alla prossima!

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