martedì 6 ottobre 2009

Pubblico & privato! NON mi riferisco al Presidente del Consiglio...

A cosa mi riferisco, dunque? Alla scuola, visto che siamo in un pub che ha la ventura di essere costruito sotto scuola e che, ogni venerdì sera, si riempie di vari membri del corpo insegnante. Pubblica o privata? Una birra NON basterà per rispondere alla questione.
Il rapporto OCSE-PISA consegna ai nostri studenti la maglia nera su alcune competenze di base matematiche e linguistiche rispetto alla performance degli studenti di molti altri Paesi occidentali. Di questi risultati e della loro validità si è ampiamente dibattuto in sedi ben più serie (o che almeno si prendono ben più sul serio) di questo pub.
Domanda: come vanno in questi test le scuole private Italiane?...

Sull’argomento ho trovato un articolo molto interessante, per quanto molto “schierato”, a cura di Dante Di Nanni, pubblicato sul sito di retescuole.
Se andiamo sulla preparazione accademica “di base”, chi ottiene i risultati migliori? Pubblico o privato? Stato o mercato (o no profit)?
La risposta, ovvia per molti Italiani, può sorprendere (e forse sorprendere è dir poco) qualunque insegnante, studente, genitore, cittadino del resto dell’occidente, in particolare britannico. Fondamentalmente l’Italia è l’unico paese in cui il risultato medio delle scuole private è peggiore di quello delle scuole pubbliche. L’unico, ripeto. In qualunque altro luogo della vecchia Europa industrializzata, un genitore che decide di farlo (e che se lo può permettere) paga una retta aspettandosi in cambio qualcosa di ben preciso. Un’istruzione migliore, una preparazione con una marcia in più, dei risultati eccellenti, o comunque sopra la media, che permetteranno al rampollo di far parte dell’elite invece che della massa.
Lasciando perdere tutte le discussioni che si potrebbero aprire sulla visione di scuola, educazione e società che sta dietro a queste aspettative, è indiscutibile che la famiglia sta pagando per qualcosa che vale la pena: un’eccellenza che si tradurrà in un futuro migliore per il ragazzo. È, per me, prevedibile che secondo i dati citati nello stesso articolo il Regno Unito sia il luogo dove è maggiore il valore aggiunto delle scuole private (+ 75% sulla media nazionale). Prevedibile: qui le scuole private sono un’istituzione antica, magari detestata da qualcuno ma rispettata da tutti. La scuola privata è il luogo dove ti propongono un curriculum più serio e approfondito, ti impongono una disciplina di studio più severa e delle prove più ardue che nella scuola pubblica. Di conseguenza, se lavori sodo, agli esami avrai una maggiore possibilità di raggiungere risultati eccellenti – attenzione: gli esami sono esterni e amministrati da un’autorità indipendente. Questi risultati ti permetteranno di entrare nelle migliori università e di avere una brillante carriera di ingegnere medico avvocato cattedratico etc. etc. etc.
Peter Pan, un personaggio estremamente britannico, quando dalla culla sentì suo padre fare di questi discorsi su di lui, pensò: “Fossi matto!” e volò via dalla finestra per non tornare mai più. Peter Pan è uno degli eroi della mia infanzia e non solo. Una parte di me concorda decisamente con lui. Un’altra parte di me si rifiuta di concordare perché, altrimenti, dovrei cambiare mestiere. Tuttavia, devo anche riconoscere che suo padre, alias il terribile Capitan Uncino, ha una le sue ragioni, ragioni particolarmente stringenti in una società meritocratica e competitiva. Scendendo nel mio piccolo particolare, un po’ di miei studenti pakistani o africani o caraibici vogliono diventare dottore o qualcosa del genere e io VOGLIO con tutte le mie forze che ottengano il risultato che glie lo permetterà, e gli dedico tempo, energie, pacche sulle spalle e predicozzi extra per questo. Dunque, se io faccio questo e sono “solo” un professore, perché un genitore non dovrebbe pagare una retta ad una scuola privata retrograda & classista per dare al figlio una chance in più di “farcela”, qualunque cosa ciò significhi?

Lasciamo stare questi dilemmi, e mettiamoci nei panni di uno straniero che guarda il NOSTRO sistema, le sue scuole pubbliche e private, gli studenti e le loro famiglie. La (sua) domanda sorge spontanea: COSA state pagando? Perché iscrivere un figlio ad una scuola privata, magari fare dei sacrifici per questo e poi avere risultati peggiori della scuola pubblica? Ancora: come è possibile che si conducano battaglie di opinione, di politica e persino di religione (!!!!) sul diritto al finanziamento per le scuole private, al sostegno per le famiglie che le scelgono? Diritto di avere “qualcosa di meno” per il proprio figlio?
Con pazienza (tanto è venerdì, thanks God) offrirò un altro drink al nostro interlocutore e gli spiegherò che il genitore Italiano sta, in effetti, pagando per qualcosa che “vale”. Non la preparazione, però, ma “il pezzo di carta”. La maturità – magari con un voto alto o decente – senza troppi rischi e senza troppa fatica e ansie: si sa che lo stress può essere pericoloso per gli adolescenti, poveri figli. Avendo discusso questo argomento varie volte al pub sotto scuola, guardo ormai con un certo fastidio questi Inglesi spocchiosi che dicono: ma come? Il pezzo di carta e relativo voto non corrisponde allo stesso livello in tutte le scuole del Regno – beg your pardon: della Repubblica?
Dopo avergli spiegato che no, non si può dire che un 100 (o un 10, un 8, una sufficienza, un’insufficienza grave) siano esattamente la stessa cosa in tutta Italia, azzarderò che non tutto si può misurare in modo oggettivo. Aggiungerò che certi britannici tentativi di misurare qualunque cosa rischiano di sconfinare nel ridicolo. Su questo il mio interlocutore, essendo un collega, potrebbe anche essere d’accordo con me.
Poi, per amore di completezza, dovrò aggiungere che il problema è anche un altro. Una certa quota di genitori (francamente non credo che siano poi tanti) vogliono una scuola tranquilla, senza il carnevale perenne delle occupazioni – autogestioni (tutte quelle lezioni perse e poi, oggesummio, si fermano a scuola a dormire e in quei sacchi a pelo chissà mai cosa succede!), in un ambiente più controllato e meno rischioso. Oh, do they? At school??? This is very curious… very pittoresco!
In più, concluderò, c’è una minoranza che vuole iscrivere il proprio rampollo in una scuola cattolica, in modo che gli insegnamenti ricevuti non mettano a rischio ma anzi rafforzino la Fede e i valori che il genitore con tanto sforzo e tanta buona volontà sta cercando di trasmettere. (Mmmmm… credo veramente in ciò che dico? Da cristiano, conoscendo un po’ l’ambiente, posso dire che tanta gente si pone questo problema? Da prof., conoscendo un po’ anche quell’ambiente, posso dire che orde di colleghi anticlericali si pongono il problema opposto, di scristianizzare i ragazzi? Mah!! A volte, per amor di patria ci si arrampica sugli specchi…)
Inutile porsi il problema: il collega, dopo aver offerto il suo round, mi sommerge di amichevoli osservazioni (che è la cosa peggiore che si può ricevere da un Inglese, che Dio li stramaledica!) Ma perché i genitori non fanno una campagna per una scuola più seria e aperta ad ogni punto di vista religioso? Ma perché non fate, come noi, delle scuole pubbliche confessionali (non solo cattoliche, chiaramente) purchè chi le dirige si uniformi ai programmi e ai sistemi statali e si sottoponga alle stesse rigide ispezioni? Eeeeeh??? Ma sei matto?? È contro la Costituzione e la Laicità dello stato… Senza contare il diritto dei preti ad essere padroni a casa loro… Ma perché non fate delle prove nazionali, con tutti i loro limiti, così potete confrontare il nord e il sud, il pubblico e il privato? Ma perché la Chiesa ci tiene tanto a fare catechismo a scuola? Non avete la Sunday School dopo messa, voi cattolici?Noi il catechismo lo facciamo in quella sede…
Ci rinuncio. Basta con la birra, potrei offrire un giro di tequila sale e limone adesso. Purchè, per questa sera, la piantiamo di parlare di scuola!

0 commenti:

span.fullpost {display:inline;}