mercoledì 7 ottobre 2009

The structure of the lesson I - One, two, three... START!!!!

Quassù chi ti viene ad osservare sta abbastanza attento alla struttura della tua lezione, a come hai pianificato e gestisci i diversi “episodi”, attività, etc. Io sono convinto che insegnare o educare non sia una scienza esatta, cosa che a volte ho ripetuto (con sprezzo del pericolo) anche a chi mi veniva ad osservare. Dunque diffido delle ricettine pronte per cucinare la lezione perfetta, the ultimate lesson a cui nessuno possa resistere o obiettare.
Tuttavia, studiare queste idee sulla carta e poi osservare ed essere osservato “sul campo” mi ha fatto riflettere varie volte su questo e altri aspetti. Soprattutto, mi ha provocato a superare l’idea che fare lezione sia “parlare per un’ora”. A volte parlare è quello che serve, a volte assolutamente NO. Dunque, permettetemi di spiegarvi in modo molto sintetico come vedono qui il “congegno – lezione”.
Innanzitutto ci si aspetta lezioni composte di almeno tre parti, che hanno anche un nome comunemente accettato: lo starter (l’antipasto), la main (il piatto forte) e la plenary (la parte conclusiva). In questo post vi parlo dello starter…

Lo starter è un’attività introduttiva. Può avere diverse funzioni: collegare la lezione a quelle precedenti o ad altri punti del curriculum, catturare la curiosità e l’attenzione, permettere ai ragazzi di condividere ciò che già sanno sull’argomento. Per le classi più difficili può essere un’attività quieta, un foglio che trovano sul banco (anche solo un cruciverba di parole chiave), una cosa da fare che trovano scritta sulla lavagna. In questo modo inizieranno la lezione tranquillamente e si adatteranno (forse…) all’idea di passare un’oretta in quella classe senza far male a se stessi e al prossimo. Tenete conto che in Inghilterra sono i ragazzi a cambiare classe fra una lezione e l’altra, quindi lo starter, o parte di esso, è il modo in cui li accogli in classe, nella tua materia, nella tua lezione, nel tuo “regno”.
Una cosa che in molte scuole è assolutamente obbligatoria (ricordatevene, se venite a un colloquio di lavoro qui): durante lo starter dovresti (che in Inglese significa “guai a te se non lo fai”) condividere con la classe i tuoi “learning objectives”. Cosa impariamo oggi? Che vuoi da noi? Dove vuoi andare a parare? La cosa mi sembra abbastanza sensata, nonostante un paio di volte ci sia rimasto male quando mi hanno dato un giudizio negativo o così così per non aver menzionato gli obiettivi all’inizio (ma quanto siete pedanti!). In fin dei conti, gli stiamo chiedendo (o prendendo senza permesso, se è scuola dell’obbligo) un’ora del loro tempo, un’ora in cui potrebbero giocare a pallone, sfidare la gang rivale a break dance per strada, buttarsi su un prato con una possibile anima gemella o struggersi perché la suddetta non ne vuole sapere, comporre poesie immortali o, nel peggiore dei casi, piantarsi davanti alla play station. Dunque, perché? Un perché glie lo dobbiamo. Poi gli Inglesi purosangue, quelli eredi di Locke e innamorati della ricerca empirica, vi sfodereranno le loro ricerche sul campo elaborate con rigorosi criteri statistici dalle quali emerge che condividere i tuoi obiettivi innalza il livello di motivazione, di partecipazione e il rendimento. Dunque, guai a te se non lo fai!
Io spesso approfitto della tecnologia che ci forniscono per mettere su un po’ di musica classica che distenda gli animi e inviti a non alzare troppo la voce. Sulla lavagna digitale (la salvezza per un povero prof. allergico al gesso!!) gli faccio trovare una lista di domande, oppure una sola molto complessa, oppure un’immagine da commentare, oppure ancora delle parole chiave da accoppiare o da usare per fare frasi. Prima di tutto, però, scrivono il titolo della lezione, la data e un sintetico “learning objective” sul loro quaderno. Tutto ciò sarà già sulla lavagna.
Specialmente con i piccoletti del Key Stage 3 (equivalente alla nostra scuola media), con cui trovo maggiori difficoltà di gestione, il mio scopo è costruire una sorta di routine che dia l’impressione (l’illusione? Ma in fondo insegnare è anche un gioco di prestigio…) di un certo controllo ed ordine. Io NON sono un uomo di ordine e di routine e nell’insegnare cerco di essere creativo più che si può, altrimenti mi annoio e quindi si annoiano anche loro e se loro si annoiano magari mi uccidono per passare il tempo. Però ho imparato che un certo grado di prevedibilità, specialmente in alcuni punti chiave della lezione, dà sicurezza, fornisce una cornice in cui si può lavorare.
“Ok, adesso c’è Scienze (di nuovo, Scienze, *****!): Mr Italian Mafia mi dice benvenuto come va, con quel sorriso di *****: ma che ***** ti ridi, che insegni Scienze??? Dunque: se entro lanciando coltelli o mostrando il **** a tutti potrebbe essere divertente, ma poi quello mi fa riuscire e mi fa la paternale e poi magari chiama a casa e a casa sono già nervosi per via che mia sorella porta la pistola e mio fratello si droga e la sorellina piccola si è messa a fare la *******. Adesso sono entrato, odio questa musica del ****, cosa devo fare ora? Ah, sì: prendo il mio quaderno, lo apro e scrivo quelle quattro ******* che ci sono sulla lavagna e poi faccio quella attività da ******* e che *** stramaledica questa ***** di musica che Mr PizzaSpaghetti ama così tanto. Ma che si crede, pensa di calmare i miei bollenti spiriti con questa robaccia? No, magari pensa solo di farmi addormentare, e ci sta pure riuscendo… YAWNNN… deve aver messo di nuovo il cloroformio nel condizionatore… doppio YAWNNN… vabbè, ho finito, vediamo cosa si è inventato oggi. Magari c’è modo di farci quattro risate… Purchè si cominci presto, mica sono qui ad aspettare i suoi comodi!”

Di solito cerco di dare un tempo limitato per questa attività, e per altre ma il “timing” non è esattamente il mio forte: altra cosa che può procurarmi qualche grattacapo quando ho “ospiti” puntigliosi a osservarmi. Alla fine, chiudo l’attività con domande o con qualcosa di più “dinamico”. La lavagna digitale mi permette di chiamare i ragazzi a muovere e organizzare le parole che ho scritto, o altre cose del genere. Sempre per fare domande o richiamare parole chiave (qui sono fissati con le parole chiave!) a volte gli do una palla di gommapiuma da passarsi, o gli faccio fare un gioco competitivo.
Spesso, alla fine dello starter, mostro gli obiettivi della lezione in una forma più analitica, tre punti invece di uno, e chiedo ai ragazzi di leggerli ad alta voce, sottolineandoli con uno squillo di tromba, prodotto dalla solita lavagna digitale che purtroppo non riesce a fare un espresso decente ma fa qualunque altra cosa! Con i ragazzi della sixth form (corsi preuniversitari di Chimica e Biologia) che sono lì per loro scelta, a volte mi arrischio in una breve discussione sulle loro motivazioni. Perché dovresti imparare questa cosa? Non lo sai? Allora stai qui a perdere il tuo tempo? Forza: pensa a UN motivo valido per fare lo sforzo di imparare queste cose…

Questo è quanto, alla rinfusa come sempre. Prossimamente vi parlerò delle altre due parti (o anche tre, o cinque) della lezione.

Cheers!

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