giovedì 22 ottobre 2009

Precariato II – Usque tandem?

Settembre. È tempo di precari. Veramente siamo già in ottobre. Sabato 3. Questo settembre sembra perpetuarsi nel dolce pomeriggio dell’autunno romano. E anche certi problemi di questo settembre. E di tanti altri. Dal Viale Trastevere, fronte Ministero, in arte MIUR, gli slogan dei precari in corteo che affollano la via, tanti e con tanta rabbia, sovrastano gli abituali rumori del centro anziani con annessa bocciofila. Poveri figli! Tocca a loro di pagare in prima persona e da subito la cura da cavallo del Ministro. Poche storie, la scuola pubblica va rifatta. Le spese debordano, i test OCSE sui livelli di apprendimento sono impietosi. Via gli sprechi, basta con i sessantotini, via, in primis, la pletora di insegnanti precari risultato della politica assistenziale delle sinistre…

Si capisce che chi si è visto sparire il posto di lavoro, sia pure precario e retribuito solo per 10 mesi, non voglia convincersi di essere lui il primo a pagare il conto e quindi recalcitri e cerchi di farsi sentire. Per il Ministro la responsabilità è tutta del malgoverno delle sinistre. Provvedimenti chirurgici si impongono per uscire dalla crisi. A chi tocca, tocca. Il problema dei precari va risolto una volta per tutte. È il tema di questo settembre. Il vecchio funzionario riflette. Per quanto ricorda, i precari ci sono da sempre. Ma forse l’età gioca dei brutti scherzi. Vediamo di riprendere il filo dei ricordi. il rumore del corteo aiuta a risalire nel passato. Cortei di ogni genere, nel corso degli anni, e, puntualmente, a settembre, già, i precari.

Heri dicebamus. Dicevamo ieri, per chi non ha fatto studi classici. Che volete per generazioni funzionari, giuristi, professori, sono cresciute nel latinorum. Per un vecchio funzionario la citazione latina è un habitus – o deformazione? – mentale. Persino quando pensa. O ci prova. Vediamo; ieri si affacciava il sospetto di un fenomeno strutturale del sistema scolastico, visto che il problema di sistemare il personale precario risale agli anni ’60. Pensiamoci su. Cosa succede proprio agli inizi di quegli anni? Ma sì, la riforma della scuola media.

La scuola media unica. Più alunni più insegnanti. Anno 1962. La legge 1859 del 31 dicembre istituisce la scuola media unica. Un momento storico. L’istruzione obbligatoria – gratuita - è estesa per i tre anni successivi alla scuola elementare. Scompaiono la scuola media d’ingresso al ginnasio e quella di “avviamento al lavoro”. Una scuola secondaria uguale per tutti per dare a tutti uguali opportunità. Si dà piena attuazione all’art. 34 della Costituzione, sono le parole del legislatore dell’epoca. Ma soprattutto si avvia la scolarizzazione di massa. Un processo che si svilupperà in termini esponenziali negli anni successivi estendendosi progressivamente all’intera scuola secondaria. Anno dopo anno sempre più alunni affluiscono nelle strutture scolastiche. È il momento del boom economico, ma anche delle nascite, il baby boom. Occorrono strutture, risorse, per quanto ci interessa, più insegnati, le risorse umane. Fin dal primo anno e, via via, sempre di più.

Più insegnanti più precari. La conseguenza sembrerebbe fisiologica. Semplice. Servono più insegnanti, si ampliano i ruoli organici. E qui cominciano i problemi. Ampliare gli organici? Il Ministero del Tesoro inorridisce. Il personale di ruolo costituisce una spesa fissa a tempo indeterminato, progressioni stipendiali sia pur modeste. Il precario costa meno. L’importante è tirare al risparmio. Per l’immediato bastano i supplenti. Ma anche la Pubblica Istruzione ha i suoi problemi. Per entrare in ruolo occorre superare il pubblico concorso. Lo stabilisce la Costituzione. Le procedure concorsuali hanno i loro tempi: bando di concorso – da registrare alla Corte dei Conti; nomina delle commissioni; prove scritte; correzione degli elaborati; prove orali; pubblicazione della graduatoria – pure da registrare alla Corte dei Conti; infine, nomina dei vincitori. Tempi tecnici tali da rendere problematico seguire le dinamiche della scuola degli anni ’60. I supplenti, invece, sono disponibili in tempo reale, quasi. Niente di nuovo. La presenza di un certo numero di avventizi è fisiologica al sistema per via delle sostituzioni e dei tempi tecnici per colmare i posti vacanti. Ogni volta che il docente si assenta oppure va in pensione qualcuno deve coprire quel posto. Uno più, uno meno… E, allora, come si provvede? Si assumono tanti precari, poi si vedrà. Prende corpo la natura strutturale del precariato. Una condizione transitoria e marginale diventa permanente.

Ma qui si spengono le luci; si chiude, è ora di rientrare. In tutti i sensi. Il corso dei ricordi si interrompe bruscamente. Uno dei prossimi giorni proveremo a riprendere il filo.

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